L'erba del vicino non è sempre più verde

Storie dal vicinato

Il garage bazar

In uno dei primi post vi ho raccontato le vicende di Don Eladio, il “cucinero” che aveva turbato la quiete condominiale con le sue gesta.

Don Eladio, lo smilzo ragazzetto col cappellino da rapper viveva nell’appartamento oggi occupato da Dexter, tapparelle sempre abbassate e luci sempre spente.

Di notte Eladio urlava, litigava con la fidanzatina,lanciava il coltello sull’anta dell’armadio come fosse un tiro a segno, ma per il resto, tolte queste attività di poco conto, era abbastanza silenzioso e ininfluente.

La povera vicina del piano superiore non sarebbe d’accordo con me, ma la storia la sto scrivendo io…. e quindi va bene così….

C’erano dei disturbatori molto peggiori di Eladio, almeno per quanto mi riguarda: i suoi amici che vivevano nel garage di fianco al mio.

Non è che proprio ci vivevano.

Gli amici avevano creato in quel garage una sorta di centro culturale, un circolo ricreativo, un centro di baratto più vivo del mercato di Marrakesh.

Biciclette, motorini, piccoli elettrodomestici, erano solo alcuni degli oggetti che si potevano trovare in questo graziosissimo e profumatissimo bazar.

Nel box si scambiavano anche sostanze vegetali, non ho mai capito di che tipo di sostanze si trattasse, ma credo erbe aromatiche, tipo origano, timo, rosmarino ecc…

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Ma a parte il bazar, la cosa che provocava il maggior senso di fastidio era quando questa banda di adorabili ragazzini dormiva indisturbata a terra in garage… utilizzando lo stesso anche come gabinetto.

Si proprio come un gabinetto, un wc, un orinatoio, chiamatelo come volete.

Questi distintissimi signori dormivano in mezzo al fetore delle proprie urine e non solo.

I più educati pisciavano direttamente dentro il tombino, è giusto sottolinearlo.

Il sig. Carl Fredericksen per paura di incontrarli, per un periodo, aveva rinunciato a vivere in garage… e questo in fondo non era un male.

La situazione del bazar clandestino non è durata molto e il condominio è ritornato presto in un clima di noia privo di colpi di scena.

Una mattina Jean Paul e sua sorella mentre eseguivano le pulizie del piano interrato incontrarono uno di questi galantuomini completamente accartocciato su se stesso, quasi inerme.

Jean Paul provò a spiegare in maniera gentile ed educata che non poteva stare lì.

Il galantuomo si alzò biascicando qualcosa del tipo:

“Che cosa vogliono lor signori?Forse destarmi dal mio sonno ristoratore, forse siete dei marrani giunti da est per cacciarmi dalla mia terra? Abbandonate ogni speme!” O forse era solo un semplice “cazzovolete lasciatemi stare, merde”.

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Jean Paul che è un omettino mingherlino di una certa età non poteva affrontarlo sul piano fisico e così andò a pensare una soluzione alternativa.

In aiuto nel frattempo passò il vicino pensatore, un ragazzo smilzo che tentò di far alzare il gentile ospite dicendo: “Cazzo cioè figata facciamo un po’ di meditazione cioè e vivremo cioè fichissimamente più amici e consapevoli cioè della nostra temporaneità nel nostro corpo. Cazzo cioè, amico che ne dici?” – sistemandosi con l’indice gli occhiali tenuti insieme da un cerotto.

L’illustre ospite pur tentato da irrinunciabile offerta emise un peto camuffato da un rutto.

Jean Paul aveva partorito un’idea micidiale.

Si presentò con una bacinella di

acqua gelata, pronto per dar seguito alla più classica delle ritorsioni. Il gavettone ghiacciato.

Il ragazzetto impaurito iniziò a esclamare:”no no no vado via ho capito non torno più” diventando incredibilmente affabile.

Jean Paul esaltato per la sua prestazione rimase allo stesso tempo stranito.

J.P.:”Paura che te giassavo i cojoni ah?” (Paura che ti ghiacciavo i gioielli di famiglia eh?)

Il ragazzetto non era stato affatto impaurito da Jean Paul, ma dalla figura apparsa dietro di lui.

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Era il mio amico He-Steven, una figura mitologica del nostro condominio, una specie di personaggio dei Masters of the Universe.

Lui, rigorosamente in mutande e ciabatte come sua abitudine, ha solo guardato il ragazzetto, non ha emesso alcuna parola o fatto alcun gesto, ha contratto ritmicamente i pettorali, probabilmente in una sorta di ipnotico codice morse ed il ragazzetto si è dileguato come se davanti a lui ci fosse stato il clown Pennywyse.

He-Steven, muto, come apparve, allo stesso modo scomparve, nel silenzio dell’oscurità dei box condominiali.

Da quel giorno non ci fu più nessun bazar e la luce di quel box si spense per sempre.

Off topic:

Io continuo la mia permanenza lontano da casa.

Il pescatore assassino Goran non mi saluta come al solito, ma oggi mi ha fatto stranamente un cenno: ha alzato il mento passando il dito indice teso lungo il collo, come se volesse farmi intendere qualcosa, come se volesse tagliare qualcosa.

Forse voleva solo farmi notare la sua carotide.

O farmi vedere quanto affilato fosse il suo dito.

Io per educazione continuerò a salutarlo.

**Storia pubblicata con l’autorizzazione del genio di Massimo Atzeni 

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