Ho appena vissuto un lutto in famiglia. Non è mai facile affrontare una situazione del genere, ma in qualche modo stavo cercando di farcela. La tristezza e il vuoto erano palpabili, ma in mezzo al dolore, la vita andava avanti, e dovevo cercare di restare a galla.
Un giorno, mentre ero a casa con mia madre, suona il campanello. È la nostra vicina, come sempre. Una donna anziana che, per quanto volesse essere socievole, non sapeva mai dove finiva la sua curiosità e dove iniziava il rispetto per la privacy. Mia madre, che è sempre stata una persona gentile, ma che a volte fatica a dire “no”, la fa entrare. La vecchia si siede, e appena mi vede con il viso abbattuto, senza nemmeno fare un respiro, comincia a fare domande su domande, come se avesse bisogno di capire subito cosa stesse succedendo. La sua curiosità non conosce limiti.
Vedo mia madre che, cercando di rimanere composta, le spiega la faccenda, e con una calma che faceva quasi invidia, le chiede di non spargere la voce. Avevamo bisogno di tranquillità, di stare insieme senza dover affrontare il chiacchiericcio dei vicini. La vicina annuisce, ci fa le sue condoglianze e ci dice che capisce, ma io già sapevo che, in fondo, non aveva capito proprio niente.
Poco dopo, mia madre e mio padre escono per fare le varie commissioni. In casa resta solo una calma apparente, mentre io cercavo di raccogliere i pensieri e mettere ordine nei miei sentimenti. Ma non c’è mai vero silenzio in un condominio, non in una casa dove ogni passo sulle scale rimbomba come se fosse il suono di un battito di cuore.
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