L'erba del vicino non è sempre più verde

Storie dal vicinato

Il bacio della vicina sconosciuta

Mentre mi accingo a scrivere questo post l’antifurto impazzito dei vicini sta andando da mezz’ora e sembra di essere sul set di un documentario del National Geographic, pieno di cani ululanti come lupi nel bosco che accompagnano il rumore già gradevole della sirena.

Quando hai un cane le relazioni con i tuoi vicini possono cambiare.

In meglio o in peggio, dipende, ovvio.

Anche quando hai un antifurto che funziona male comunque!

Avere un cane, di contro, aumenta le possibilità di incontrare, conoscere e relazionarsi coi tuoi vicini, padroni di cani, e non, e con tutto il resto del vicinato.

Per un semplice fatto. Sei costretto a uscire, passare davanti alle loro case, salutarli e, se va male, scambiarci anche due parole.

Premetto che io ho un limite: ci sono un sacco di persone che nonostante siano miei vicini, li riconosco solo ed esclusivamente se in compresenza del loro amico a 4 zampe.

in realtà sono i nostri cani che si conoscono. In una vita ordinaria ci ignoreremmo.

Noi siamo semplici accompagnatori di cani…. che detta così…

Ecco un altro VDI:   Hanno molto tempo da perdere

Non tutti i padroni di cani sono poi normali.

Non tutte le persone sono normali è vero, ma quando hai un cane, secondo me, riesci anche a tirare fuori il peggio.

L’altro giorno ero riuscito ad uscire di casa senza incontrare nessuno.

Solo la mamma bio aveva tentato di incrociare il mio sguardo, ma ho imparato dal sig. “Carl Fredricksen” a fluttuare e muovermi traslando velocissimo come “Shin” della “sacra scuola di Nanto”.

Sono fermo su un’aiuola per la pipì. Non mia! Del cane! Malpensanti…

Sono fermo lì con le cuffie nelle orecchie e un vecchio album degli “Stone Temple Pilots” che mi fa da sottofondo.

Si ferma alla mia sinistra un auto, una lancia Y.

Una donna, una ragazza tra un’età indefinita tra i 27 e i 46 anni a fine agosto, abbassa il finestrino.

La conosco, ma non so chi sia.

Ho solo capito che abita lì.

Mi parla e non capisco.

Scende dall’auto. Indossa con eleganza un vestitino a fantasie blu e delle scarpe alte col tacco. I capelli sono lunghi, scuri e mossi e un paio di occhialoni da sole copre i suoi occhi…

Ecco un altro VDI:   Can che abbaia

Viene verso di me.

È come una di quelle scene al rallentatore. Anzi la scena è proprio rallentata.

Il mio spotify cerebrale toglie gli Stone Temple Pilots e mette “Oh Yeah” di Yello (colonna sonora de il segreto del mio successo, se non la conoscete ascoltatela per capire l’atmosfera che sto descrivendo).

Il vento le muove i capelli che lei stessa sposta dietro le spalle con una mossa del capo verso destra; le labbra contornate di un rossetto non troppo acceso si aprono in un sorriso bianchissimo…

È a due metri da me….

Si leva gli occhiali e mi sorride.

Non ho fatto tempo a capire quello che stesse succedendo quando l’ho vista chinarsi e ….

Pennyyyy! Esclama, abbracciando il mio cane.

Penny le posa le zampe sulle spalle, imbambolato non sono riuscito a trattenere il mio cane di 35 kg che le da una linguata dal mento alla guancia destra.

S’interrompe il mio Spotify del cervello con un suono simile a uno stratch da puntina sul giradischi.

Ecco un altro VDI:   Lo stendino

La scena è straziante altri 5/6, 7 colpi di lingua ben assestati e lei ride. Mentre cerco di spostarla lei mi ferma e dice: “No non spostarla, sono stata io la volevo salutare, sono la mamma di Ettore”.

E che cazzo c’entra? Penso tra me e me.

Poi ho tradotto: Sono la padrona di Ettore, il bassotto….

Il mio spotify del cervello sta cercando una musica di sottofondo drammatica, ma non la trova…

Emetto dei suoni di circostanza e saluto la mia vicina, la padrona di Ettore il bassotto….

Lei si rialza parla ancora col mio cane e le dice che le dispiace che è tanto tempo che non ci incontriamo con Ettore…

La saluto.

E mentre torno verso casa penso che in fondo sarebbe stato meglio un fendente alla spalla da parte di Dexter.

A pranzo mangerò poco, quasi nulla.

**Storia pubblicata con l’autorizzazione del genio di Massimo Atzeni 

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