L'erba del vicino non è sempre più verde

Storie dal vicinato

Tinder

Mi traferisco dal mio “paesello” nella grande Milano, per lavoro. Dopo essere diventato praticamente scemo, riesco a trovare un appartamento adatto alle mie esigenze.

I primi mesi tornavo a casa (circa 400km) nel fine settimana, ma con il tempo e con gli aumenti dei costi del carburante ho cominciato a passare i weekend nel Capoluogo Lombardo. Inizialmente trovavo la cosa divertente: passeggiate per in centro, visita ai musei, ma non conoscendo nessuno, se non i colleghi di lavoro, decido di installare Tinder.

Dopo settimane in cui non mi caga nessuno, riesco finalmente a trovare una tizia interessante, bellissima, colta e scopro subito che abitiamo nella stessa zona. Le conversazioni si fanno sempre più intense, anche leggermente piccanti e alla fine decidiamo di vederci.

Organizziamo un incontro in un bar del centro. Mi preparo per l’incontro molto speranzoso: magari non nascerà una storia d’amore, ma può darsi che, almeno nasca una bella amicizia (e per me va benissimo visto che, come ho detto, non conosco nessuno qui).

Ore 14 arrivo nel bar del centro e lei non si presenta. Aspetto, 5 minuti, poi 10, alla fine dopo 1 ora e mezza me ne vado molto, molto deluso. Provo a contattarla ma non risponde. Penso di essere stato ghostato, va beh, capita spesso, per cui non me ne faccio un cruccio.

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Torno a casa e mi metto a guardare la televisione, devo alzare il volume perché, evidentemente i figli di quelli che abitano sopra di me, fanno un casino mostruoso. Sento distintamente i bambini urlare, sbattere i talloni sul mio soffitto e dietro sento la madre che urla ai figli ed il padre che urla a tutti quanti e bestemmia in aramaico.

Le case a Milano (un po’ come in tutta Italia) sono fatte con il culo… finalmente dopo un paio d’ore di guerra nucleare sopra la mia testa, torna la calma e posso continuare a godermi la televisione.

Notifica sul telefono: è la ragazza di Tinder che si scusa per non essere riuscita a venire e soprattutto per non avermi avvisato. Ci sono rimasto di merda e sono un po’ sulle mie, ma lei insiste per vederci nuovamente. Io le chiedo il numero di telefono, per essere sicuro che non ci sarà un altro appuntamento senza poterci contattare in caso di problemi.

Dopo qualche minuto di evidente tentennamento, mi manda il suo numero.

Ok, dico a me stesso che posso darle una seconda possibilità, nuovo appuntamento, stesso bar del centro, stessa ora, da li a due giorni. Le mando un vocale, non lo sente, ma poco dopo mi dice che non può ascoltare i vocali. Boh, non ci faccio tanto caso, ma mi sembra strano perché mi ha detto di essere, single, indipendente, di vivere da sola. A quest’ora cosa starà mai facendo per non poter ascoltare?

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Intanto al piano di soprta, dopo un’oretta di calma, si scatena un’altra volta l’inferno. Mi dico che non potrò mai invitare la tipa a casa mia perché mi vergogno a farle sentire un casino di questo genere: fuggirebbe a gambe levate.

Bene, arriva il giorno dell’appuntamento. Mi preparo un’altra volta e arrivo al bar. Ho il suo Whatsapp, arrivo al bar e lei non c’è. Le mando un messaggio ti aspetto“, lei visualizza e risponde “arrivo“.

Aspetto ancora felice e un po’ emozionato.

Passano altri 20 minuti e le scrivo “tutto ok?

In quel momento mi accorgo che mi ha bloccato: l’immagine del profilo è sparita e non riceve i messaggi. Mi ha fregato un’altra volta. Me ne torno a casa deluso e incazzato.

Passano 10 giorni circa, torno dal lavoro e arrivo all’ascensore. Dietro di me si apre il portone del palazzo ed entrano due bambini correndo ed urlando. Poi, rimango di sasso quando vedo la madre dei due pargoli arrivare con delle buste della spesa. E’ la ragazza di Tinder!

Mi guarda imbarazzata: ci siamo riconosciuti. Capisco in una frazione di secondo che le sue foto hanno almeno 10 anni e lei capisce in una frazione di secondo che ha fatto la figura di merda peggiore della mia vita. Borbotta sottovoce solo un “scusa volevo dirtelo ma…” Non fa in tempo a finire la frase che arriva il marito. Mi guarda e mi saluta. Entriamo tutti e 4 in ascensore.

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Massimo imbarazzo. Lui mi chiede a che piano abito. Dico: “secondo”, lui schiaccia il 2. Rimaniamo in silenzio per 2 piani, lei tiene lo sguardo basso mentre i bambini riescono a far casino anche in un metro quadro. Io sono in apnea. Saluto ed esco. Ho il cuore a mille.

Entro dentro casa e sento sopra di me aprire la porta, poi il suono inconfondibile dei due marmocchi che entrano nel corridoio.

Abitano sopra di me. Mi sento davvero uno schifo, trattato come un coglione dalla mia vicina di casa. Mi ha preso in giro come mai mi è accaduto prima.

Lei non mi ha mai più rivolto la parola. La cosa è finita così, escluso il casino, quello è rimasto e non finirà mai. Non ho ancora trovato con chi uscire, ma di sicuro, prima di organizzare altri appuntamenti al buio, ci penserò 1000 volte!

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