L'erba del vicino non è sempre più verde

Storie dal vicinato

Tanto non mi crederete

Mi chiamo Laura e abito a Monza, in una di quelle palazzine anni Sessanta dove ci si incrocia sul pianerottolo ma difficilmente si va oltre il “buongiorno”. Tutti con le loro vite, chiuse dietro porte blindate e finestre sempre accostate.

Una sera di fine maggio, verso le undici, ho sentito un trambusto insolito dal piano di sopra. Prima un tonfo, poi un lamento, poi un urlo. Mi sono irrigidita sul divano, ho abbassato il volume della TV e sono rimasta in ascolto. Quando ho sentito chiaramente la voce di Marta, la ragazza del quarto piano, urlare “aiuto!”, non ci ho pensato due volte.

Ho infilato le ciabatte e sono salita. La porta era socchiusa. Dentro, Marta era piegata in due, con una mano sulla pancia e l’altra sul telefono. “Sta arrivando,” mi ha detto, “ma ho paura… è troppo presto”. Ho capito subito. Era incinta all’ottavo mese, lo sapevo perché l’avevo vista nel cortile con la pancia già bella rotonda. Ma non pensavo fosse così vicina al termine. E nemmeno lei, a quanto pare.

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Ho chiamato subito Luigi, il vicino del secondo piano, ex infermiere. È salito in tre minuti, con una calma che sembrava irreale. “Respira. Solo respira,” le diceva, mentre le prendeva il polso e controllava che tutto fosse sotto controllo, per quanto possibile in un salotto con un tappeto Ikea e una lampada storta.

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