Mi chiamo Elisa, ho 45 anni, insegno alle medie e abito in un condominio tranquillo alla periferia di Milano. Sono una persona riservata, non ho mai avuto grossi problemi coi vicini. Anzi, vivo qui da dieci anni e conosco quasi tutti almeno di vista. Fino a qualche mese fa, la mia routine era semplice: sveglia presto, scuola, casa, un po’ di relax alla sera. Tutto normale.
Poi ho iniziato a notare qualcosa di strano.
Ogni mattina, quando aprivo le tende della cucina per far entrare un po’ di luce, incrociavo lo sguardo del mio vicino di fronte. Sempre lo stesso punto, sempre lo stesso orario. Tazza in mano, fermo alla finestra. All’inizio ho pensato: “Coincidenza. Magari anche lui prende il caffè a quest’ora.” Ma quando ha cominciato a succedere anche la sera, quando rientravo da scuola o stendevo i panni sul balcone, il dubbio è diventato disagio.
Non faceva nulla di apertamente strano. Non parlava, non gesticolava, non faceva foto (che io sappia). Stava lì, immobile, a fissare. Ogni tanto, quando lo notavo e lo guardavo dritto, accennava un mezzo sorriso. Un sorriso strano, come se volesse dire: “Ti vedo.”
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