Mi chiamo Marco, ho 38 anni, e da sei mesi vivo in una piccola casa ristrutturata a *********, un paesino di montagna dove il Comune ha avviato un progetto per ripopolare il borgo offrendo incentivi a chi acquista le case abbandonate. Io, che sognavo da tempo di lasciare la città, non ci ho pensato due volte.
Il primo a venirmi incontro è stato il mio vicino, Elio. Settant’anni, montanaro vero, uno che alle 6 del mattino ha già spalato la neve, potato le ortensie, e bevuto il caffè col latte appena munto. Mi ha accolto con un sorriso e un “ben arivà, forestèr”, ma il tono era di quelli che ti fanno capire che sei in prova.
Nei primi tempi ho fatto l’errore che fanno in molti: pensare che la gentilezza della gente fosse una porta aperta per sentirsi già parte della comunità. Tagliavo l’erba ogni tanto, parcheggiavo un po’ dove capitava, lasciavo il bidone del compost fuori anche nei giorni sbagliati. Elio non diceva nulla. Ma lo vedevo, dallo sguardo: prendeva nota.
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