Scusate lo sfogo, ma io non ce la faccio più.
C’è un tizio nel mio palazzo — che abita due piani sopra di me — che è sempre affacciato.
Sempre.
Ma mica lo fa in modo evidente.
No.
Lo fa con quell’arte dello spione passivo, con la tapparella a un terzo, lo sportello del balcone accostato, e la tenda che si muove solo se guardi.
Una specie di vedetta invisibile.
Il Bat-sembra-non-ci-sia.
Non l’ho mai visto per davvero.
Solo la sagoma.
Solo il braccio.
Solo la tazzina che a volte spunta.
E ogni tanto… uno starnuto, così, per ricordarti che c’è.
La cosa peggiore?
Non parla.
Non commenta.
Non denuncia.
Ma sa.
Come?
Esempi?
Prego.
— Ho cambiato il divano.
Dopo due ore, sullo zerbino trovo un bigliettino piegato con scritto “meglio grigio, sta bene con le tende.”
Non firmato.
Io non ho detto niente a nessuno.
— Una sera ho ospiti.
Nel cortile c’è solo una macchina in più, tutto regolare.
Il giorno dopo, appeso al portone:
“Parcheggi perfetti. È bello quando si ha rispetto degli spazi.”
Che suona bene…
MA È UNA MINACCIA MASCHERATA DA COMPLIMENTO.
— Una volta sono sceso in ciabatte a buttare l’umido.
Pioveva.
Due giorni dopo trovo nel vano scale una bustina nuova di sale da bagno con post-it:
“Serve a scaldarsi i piedi, se mai ti capita di uscire scalzo.”
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