Premesso che non ho mai avuto intenzione, né mai ne avrò, di fare del male a degli animali.
Vorrei capire se esiste un modo per risolvere questa situazione.
Siamo andati ad abitare 6 anni fa in un bel comprensorio alla periferia della capitale, immerso nel verde. Siamo più di cento famiglie in ville e villette uni- o bifamiliari.
Andrebbe tutto bene tranne per un “dettaglio”: un ristrettissimo numero di condomini nel tempo ha iniziato a nutrire gatti randagi, e nel tempo ovviamente la disponibilità di cibo ha fatto sì che si creasse una “colonia” che ovviamente ha iniziato a nutrirsi, riprodursi e ad evacuare deiezioni solide e liquide un po’ ovunque, in particolare in tanti giardini e sugli arredi. L’amministratore ha intimato ai suddetti di evitare di lasciare cibo in giro visto che la legge e il regolamento vietano di lasciare rifiuti in giro (cosa che tuttavia continua ad avvenire, anche se lorsignori dicono che è opera di gattari “esterni” al comprensorio).
Siccome non se ne veniva a capo i suddetti gattari (con la collaborazione dell’amministratore), hanno autonomamente preso l’iniziativa di istituire una colonia felina ufficiale, con tanto di registrazione alla ASL, definizione di un’area circoscritta per nutrire i randagi, e presa in carico dei suddetti felini con sterilizzazione e censimento. Detta così sembrerebbe quasi tutto a posto, ma: a nessun inquilino è stato chiesto se fosse d’accordo, non dico con l’idea di istituire una colonia, ma anche sul luogo designato alla cessione del cibo (che dista poche decine di metri da molte delle abitazioni del comprensorio, fra cui la mia).
La legge rende queste “colonie” sostanzialmente inamovibili una volta formalizzate. I gattari sogghignano consapevoli di poter fare il loro comodo e sono soliti anche perc*larti nella chat condominiale se fai notare la quantità di escrementi, o i danni, che i felini continuano a fare nei giardini.
Sono anche soliti ripetere (cosa falsissima) che “loro – i gatti – c’erano prima di noi” quando è palese che sia stato il loro malcostume a favorire l’aggregazione della colonia di randagi (visto il loro incremento progressivo negli anni e visto che prima dell’inizio dei lavori, in quel luogo, si era in campagna lontani da fonti di approvvigionamento di cibo per i felini).
Ho studiato un bel po’ l’argomento e ho scoperto, complice una legge che ahimè tiene più conto degli animali che delle persone, che “la colonia felina è per definizione stanziale, ciò significa che non può essere rimossa, a meno che non vi siano ragioni di sanità pubblica quali, ad esempio, motivi di carattere igienico-sanitario o in casi di epidemie che mettano a repentaglio la salute dell’uomo e degli animali.” (Cit.)
Va da sé comprovare tali ragioni è un’impresa titanica. Allora mi chiedevo se, visto che tocca tollerare questo scempio intrapreso per decisione unilaterale, visto che il “refettorio” dei gatti è sempre disabitato (non abitano lì, ma si spostano defecando e urinando qua e là dove capita), e che la decisione su quel punto riguarda più la comodità di accesso dei gattari che le esigenze dei felini, se era possibile fare spostare tale punto, diciamo, di 500 m più in là per provare ad evitare che gli animali scorrazzino sempre nei nostri giardini.
Va da sé che gli animalari di turno ben si guardano dal dare loro da mangiare a casa loro, ovviamente, ma meglio così perché altrimenti i confinanti passerebbero i guai (come inizialmente era per uno di essi, che poi per disperazione ha venduto casa).
Scusate la prolissità.
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