L'erba del vicino non è sempre più verde

Storie dal vicinato

Il parcheggio

Dopo una prima volta, disastrosa, con la mia fidanzata quando ero poco più che ventenne, arriva la seconda casa in cui ho abitato da giovane: un condominio tranquillo formato da 6 appartamenti, tutti abitati da gente “locale”.

Due coppie mature, due famiglie “normali” (madre, padre e figli, una di queste iper-religiosa che merita una storia a parte…), una signora vedova che abitava al pian terreno e che usciva all’alba per fare le pulizie e, ultimo, io, un 25enne single.

Una delle coppie mature, quella più “anziana“, faceva da amministratore e gestiva il condominio (pulizie scale, bollette, manutenzione,…). A fianco del palazzo c’era un piccolo spiazzo dove poter posteggiare 4 macchine. Non aveva sbarre o cancelli per entrare, era una semplice gettata di cemento affacciata sulla strada, chiusa da una ringhiera sullo sfondo e dal muro dei due palazzi (il nostro e il vicino) sui lati.

Da contratto, al mio appartamento era assegnato un posto macchina, quello immediatamente sotto casa mia e “protetto” da un terrazzino (il mio) al primo piano. Dopo il trasloco ho avuto un paio di settimane incasinate con orari di lavoro strani e non ho mai potuto usufruire del parcheggio (avevo la macchina ancora a casa dei miei per motivi che non sto a spiegare) ma alla fine, dopo questo periodo di assestamento la porto finalmente a casa mia e parcheggio nel mio posto.

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Non lo avessi mai fatto!

La signora amministratrice mi suona a casa intimandomi di spostarla immediatamente perché quello è il posto del marito e lui si sarebbe incazzato e “sarebbe stato meglio per me” toglierla quanto prima.

Non do peso alla minaccia e, anzi, le faccio notare che quello è il posto mio, da regolare contratto. La signora nemmeno mi ascolta, se ne va promettendo acidamente di “rigarmi la macchina“. Il giorno dopo, di primo mattino, mi suona il marito incazzatissimo e mi intima di spostare l’auto entro 5 minuti perché quello è il SUO posto.

Lui mette la macchina là da sempre e non intende lasciarla “scoperta” in un altro posto. Ribadisco che da contratto quello è il mio posto e “se tu sei l’amministratore dovresti saperlo bene”. Lui incassa ma dice che sono 40 anni che abita là e che mette la macchina in quel posto e che l’ultimo arrivato non può rubare il posto altrui. O la levo o me la riga.

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E letteralmente me lo urla in faccia andando a pochi centimetri dal mio viso! Senza scompormi, lo faccio attendere sul pianerottolo, entro a prendere il contratto, glielo mostro con tanto di mappa del parcheggio che conferma quanto detto da me. E aggiungo con una calma che non sospettavo di avere “Se oggi, domani o tra un mese la macchina ha un solo graffio vengo direttamente da te! Prega che non le succeda nulla! Anche se vado a fare le spese e uno in parcheggio mi urta, sappi che vengo da te!“. E mi avvicino minaccioso sovrastandolo di una decina di centimetri e facendo leva sulla mia giovane età e sul fatto che all’epoca facessi (poca!) palestra.

Imitando il suo gesto mi avvicino a pochissimo dal sul viso e rimango fermo a pochissimo dal suo naso. Lui si incupisce intimorito, borbotta, abbassa lo sguardo, bestemmia ma se ne va. Lo sento sbattere la porta di casa e poi urlare e sfogarsi con la moglie, bestemmia tutti i santi del calendario, dice che ce l’hanno in culo e che deve mettere la macchina altrove.

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Qualche mese dopo, una famiglia (non l’iper-cattolica, l’altra) si trasferisce e dopo un mesetto di buco subentra una coppia di neo-sposi che a loro volta “rubano” il parcheggio al tipo.

In quell’occasione, dopo una litigata furibonda sotto una pioggia torrenziale tra l’amministratore e il nuovo condomino dove per pochissimo non sono venuti alle mani, vengo a sapere che l’appartamento di questa “coppia amministratrice” è uno dei due che NON HA alcun parcheggio condominiale…

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