Vi scrivo perché nel mio palazzo i balconi non sono solo balconi.
Sono palcoscenici, confessionali, stanze aggiuntive, tribune, parcheggi per le emozioni.
E ogni vicino ha fatto del proprio uno spazio personale in cui raccontare, anche senza volerlo, tutta la sua anima.
Quello al primo piano ha un balcone vuoto da sempre.
Nemmeno uno stendino.
Ma ogni venerdì esce con la sedia, si siede al centro e resta lì in silenzio a fumare, guardando il cortile come se aspettasse l’epilogo di una serie TV che non arriva mai.
Quello sopra di me ha trasformato il suo in una palestra verticale: cyclette, corde da salto, tappetino per addominali.
Fa gli esercizi in mutande e ciabatte.
Ogni tanto canta.
Pessimo cantante, ma costante.
Come se il sudore avesse bisogno di colonna sonora.
La signora del terzo piano ha un orto botanico, ma in miniatura: basilico, salvia, lavanda, gerani, menta, sedano, pomodori.
Ogni giorno annaffia parlando con le piante.
Quando piove, le copre con le buste.
E quando c’è vento, le sposta dentro con una tenerezza da film d’animazione.
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