Nel mio palazzo è arrivata da poco una famiglia nuova.
Giovani, una coppia con due bambini piccoli, venuti da un’altra città.
Non so bene la storia, ma si capiva subito che avevano fatto un trasloco in fretta e furia.
I primi giorni si arrangiavano con poco: niente tende, scatoloni in salotto, sedie di plastica.
Il nostro condominio non è particolarmente unito, ma c’è un gruppetto — diciamo “storico” — che ogni tanto si parla.
Una sera, in chat, una signora scrive:
“Io ho un divano letto che non uso più. Lo metto su Marketplace ma se serve a qualcuno qui, ve lo regalo volentieri.”
Silenzio.
Poi un altro risponde:
“Io ho due comodini, in buono stato.”
Poi una terza:
“Ho delle tende a righe che tenevo da parte per nulla, possono andar bene.”
E così via.
Nel giro di due giorni, è partita una piccola catena spontanea.
Nessuno ha detto “facciamolo per loro”.
Nessuno ha chiesto.
Ma si capiva.
Alla fine, senza che fosse organizzato, quella famiglia ha ricevuto un letto, una cassettiera, un tavolino da cucina, qualche pentola, e persino un tappeto.
Non è stata beneficenza.
Nessuno ha fatto la foto di gruppo o si è preso meriti.
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