Qualche mese fa stavo sistemando il balcone al secondo piano, quando ho sentito delle urla provenire dal cortile.
Un bimbo di sei, sette anni stava penzolando dal balcone del piano sotto il mio: metà corpo fuori dalla ringhiera, immobile dal panico. I vicini guardavano fermi, paralizzati.
Ho realizzato che stava succedendo nella casa accanto alla mia. Senza pensarci, ho appoggiato gli attrezzi, sono sceso di corsa, ho salito le scale e ho trovato una porta aperta. Il bambino era solo, i genitori avevano sbadatamente lasciato la finestra aperta.
Sono entrato, ho raggiunto il balcone — strettissimo, come un corridoio — mi sono chinato, l’ho preso per la maglia e riportato dentro prima che succedesse qualcosa di grave.
Nel cortile sono tornati i genitori, i vicini urlavano “Grazie!”, ma io ero scioccato.
Ero convinto che qualcuno l’avesse già fatto: uno di quei casi da film. Invece ero stato solo io, un vicino, svegliato da un istinto che non sapevo di avere.
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