Premetto che la storia completa è da sceneggiato RAI in 4 puntate, con avvocati, carte bollate e notti insonni. E infatti sì, ho aperto una causa legale contro i miei vicini infami. Ma oggi vi racconto solo un piccolo, simpatico estratto. Una chicca. Una di quelle che ti fanno ridere, se sei un estraneo.
Io, ancora no.
Torniamo a circa due anni fa.
Decido di installare un impianto videocitofonico per casa mia. Vivo in una bifamiliare, quindi prima di procedere faccio la cosa più civile del mondo: suono al vicino e gli propongo di fare l’impianto in comune. Una cosa semplice, moderna, e pure economica: 400 euro in totale, da dividere.
La sua risposta? Un sonoro no, motivato da una serie di ragioni campate per aria tipo “io non voglio robe tecnologiche” e “i corrieri mi conoscono”.
Va bene. Non insisto. Mi faccio fare un impianto autonomo, più costoso ovviamente, ma almeno con videocamera, monitor, registrazione: il pacchetto completo.
Peccato che poi ho dovuto aspettare quasi un anno per poterlo usare.
Sì, un anno.
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