Dopo quattro lunghissimi anni di pura, incontrastata follia condominiale, finalmente è successo: se ne vanno.
Sì, avete capito bene. Quei vicini lì. Loro.
Quelli delle urla da film horror a ogni ora del giorno e della notte. Quelli che chiamavano il figlio con insulti creativi tipo “imbecille inutile” o “testa di…” (lasciamo perdere, va). Quelli che avevano un talento unico per sbattere mobili contro i muri, per far suonare il trapano alle 7 del mattino di domenica, per far puzzare l’androne di fritto stantio anche alle 11 di sera. Quelli. Proprio loro.
Se. Ne. Vanno.
A volte, amici, i miracoli esistono davvero.
Non so bene cosa sia successo — forse si sono stancati del clima di odio passivo-aggressivo che emanavo ogni volta che li incrociavo con lo sguardo da prete dell’esorcista. O forse finalmente qualcuno ha dato retta all’amministratore e gli ha fatto capire che non si può vivere in uno zoo con le pareti di cartongesso. Sta di fatto che l’altro giorno li ho visti caricare scatoloni nel portabagagli della loro Panda scassata, e ho dovuto trattenermi dal lanciare coriandoli dal balcone.
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