LA VITA COME NEI FILM
(Ma quelli brutti, con una sceneggiatura orribile..)
Mi sono lasciato dopo una decade abbondante.
Per forza di cose, prendo la valigia con i beni di prima necessità, il cane, lascio la casa dove abitavamo e torno da mamma.
Avendo superato i 30, apprezzo tantissimo la comodità di tornare un preadolescente: il cibo compare magicamente in frigo e poi cucinato in tavola, un incantesimo fa si che i panni sporchi si materializzino perfettamente piegati e profumati nei cassetti e il conto in banca si popola di quattrini che possono essere spesi nei divertimenti più disparati, tipo una quantità spropositata di ottimo alcol o una villa pantagruelica a Ibiza.
Riconosco però che il rischio di rimanere ingrippato in quella situazione fino alla morte sia molto più di una possibilità, quindi cerco casa in affitto per me e il cane.
(S)Fortuna vuole che trovi un appartamento a 25 numeri civici da quella di mamma: piano terra, salotto, cucina, camera, bagno, cantina e resede/giardinetto.
I proprietari, 83 lui e 78 lei, vivono sopra, la struttura della casa fa si che l’unica stanza “comunicante” sia il loro salotto/cucina sopra la mia camera.
Il mio salotto e cucina sono praticamente isolati, e la loro camera da letto è sopra il mio bagno.
Magnifico, penso. Potrò godermi il salotto facendo il cazzo che mi pare a qualsiasi ora e la cosa peggiore che mi potrà capitare sarà sentire i loro passi la mattina mentre fanno colazione.
Affitto caro, ma sostenibile.
Con queste premesse, firmo il contratto 4+4 a ottobre alla presenza dei due carinissimi (fino a quel momento) anziani e il sosia di Tony Corallo invecchiato di 40 anni, facente funzione di titolare dell’agenzia immobiliare che ha sbrigato le pratiche burocratiche.
Penso: Cazzo, ho 32 anni, sono single, ho una casa logisticamente perfetta che divido con un coinquilino canino, ho un lavoro soddisfacente: sto rinascendo e questo sarà il mio tempio.
Ecco, quando pensate una cosa del genere, andate alla specchio e schiaffeggiatevi forte urlandovi i soliti epiteti che rivolgete a quelli che creano la fila al telepass.
Perché?
Ve lo spiego io il perché.
Perché la gentil vecchina è solo una megera molto affabile.
È il parallelo dell’aquila che conficca i suoi artigli nella carne di un tenero coniglietto che stava mangiando un filo d’erba in un prato verde.
E il marito è il coniglietto. Rincoglionito…
Inizio a portare cose, mobili, faccio fare le tende, compro accessori e vengo pervaso dal buonumore.
Il mio lavoro mi porta a stare fuori circa 13-14 ore al giorno, quindi la prima settimana passa con me che mi sveglio prima di loro e torno quando loro cenano.
Primo Venerdì, gozzoviglio alla grande: cena con amici, ottimo cibo, ottimo alcol e sigarette simpatiche rendono la serata un capolavoro.
Arriva il primo, bramato, sabato.
Chiunque abbia un lavoro che non implichi lavorare nel weekend sa benissimo quanto l’idea di poter dormire qualche ora in più il sabato mattina sia un nettare che ci salva dal mandare tutto a fanculo e vivere del minimo necessario sotto qualche ponte.
Perfetto, penso.
Preparo l’oki sul comodino, vado a letto e mi godo almeno 9 ore di sonno filate.
E INVECE NO, COGLIONE!
Urla.
Urla strazianti riempiono la stanza a interrompere il mio sonno..
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