L’abominevole vicino è il mio!
Questa è la storia di un vicino: un mostro a cui ho investito il gatto, anche se la realtà è ben diversa…
Lo chiamavano “Yeti“. Quando sono diventato suo “vicino di campo” me ne avevano dette di tutti i colori sul suo conto:
“È grosso quanto uno Yeti e puzza quanto uno Yeti”.
“Si sente a un km di distanza e non per il rumore della sua Panda del 85, quanto per la scia chimica che lo avvolge”.
“Ha sempre la sigaretta in bocca, i capelli lunghi e grigi, li ha lavati l’ultima volta a Natale del 1982”
“Le sue enormi mani sono gialle, un po’ per il duro lavoro che ha sempre fatto, un po’ per le macchie di nicotina che gli ricoprono anche i palmi.”
“Si veste sempre e solo con una salopette beige (una volta era beige), camicia in flanella rossa e nera con fantasia scozzese, cappellino di lana che diventa berretto da baseball in estate”
“lo Yeti ha dei terreni e passa la sua vita su un trattore a lavorarci”
“Va in centro a far compere con la sua Panda. Parcheggia pensando di essere in uno dei suoi campi (come e dove gli pare). Nessuno “osa” dirgli niente perché la sua mole imponente incute un po’ di paura e spesso i vigili lo ignorano e fanno finta di non vederlo”.
“È antipatico, scorbutico e soprattutto è cattivo”
La mia casa confinava con uno dei suoi campi, al di là del quale c’era la sua abitazione: un casa piuttosto fatiscente, da quello che potevo vedere. Non mi sono mai avvicinato più di tanto, perché si accedeva a essa solo tramite una stradina privata (che tra l’altro non era percorribile in macchina).
Il pensiero di vedere questo personaggio mi aveva davvero inquietato, ma il paese era piccolo e tutti si conoscevano, sicuramente avranno avuto le loro buone ragioni per pensarla in questo modo.
La prima volta che l’ho visto, in effetti, mi ha fatto quasi paura. Se ne stava fermo con il suo trattore al bordo del campo, fissandomi con uno sguardo duro e impassibile tra i lunghi capelli grigi. Avevo salutato con un cenno della mano, passando in macchina e non aveva risposto minimamente, continuando a seguirmi con lo sguardo.
Per mesi e mesi non l’avevo mai incontrato, ma il suo trattore era perennemente nei campi, fino a tarda notte. Faceva un rumore non fastidioso “che fa parte di questo posto”, perchè aveva l’accortezza di star distante da casa mia, durante le ore serali e notturne.
Una sera, nel percorrere la strada che porta a casa, mi attraversa la strada un gatto. Lo prendo in pieno. Mi fermo e mi accorgo che la povera bestia è ferita. Ferito ma vivo, ansima e rimane sdraiato, immobile sul ciglio della strada. Sono con mia moglie, lo carico in macchina cercando di muoverlo il meno possibile e lo porto alla clinica veterinaria, non perde sangue, solo non si muove e ansima. Devo fare parecchia strada, ma è l’unica aperta 24 ore al giorno e non importa. Mia moglie tiene il micio nel vestito, lui ancora non si muove ma respira.
Quando arriviamo alla clinica, il veterinario si rende conto che le condizioni del gatto sono disperate. Viene operato d’urgenza: secondo il veterinario ha lacerato gravemente l’intestino e c’è con una grave emorragia interna. Dopo ore interminabili, il veterinario dice che l’operazione è andata bene ma ci vorranno ore per capire se il gatto è fuori pericolo.
Mi dice anche che il gatto aveva un collare con una medaglietta e un numero di telefono inciso. Mi consegna la medaglietta e a notte fonda ce ne andiamo, lasciando il gatto al veterinario.
L’indomani penso di chiamare quel numero: il gatto ha un padrone, probabilmente lo sta cercando. Chiamo il numero e dall’altra parte sento “pronto…”
Spiego chi sono e cosa è successo, l’uomo mi dice che sa chi sono e poco dopo capisco che sto parlando con “lo Yeti”. Rabbrividisco. Non era proprio il caso di trovarsi a parlare con quel tizio per di più, gli ho investito il gatto.
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