Il vicino infame — quello del negozio accanto alla scuola elementare — era diventato una sorta di leggenda urbana tra i genitori. Non per meriti, eh… ma per la sua inspiegabile e costante necessità di parcheggiare proprio lì, nell’unico stallo per disabili dell’intero plesso. Una missione, quasi: il mondo è pieno di posti auto, ma lui doveva avere quello. Era la sua personale “area VIP”.
Ogni mattina stessa scena: lui che arriva tronfio, spalanca lo sportello come se stesse scendendo da una limousine presidenziale, sistema la giacca, chiude l’auto e se ne va. Senza un minimo di vergogna, mentre intorno genitori provavano manovre degne della Formula 1 per recuperare un posto normale o scaricare bambini e carrozzine praticamente in corsa.
Poi un giorno, inevitabile come la vendetta in un film western, succede: un genitore esasperato prende il telefono e chiama i vigili. E mica arrivano dopo mezz’ora — no, quel giorno sembra quasi che avessero teletrasporto e desiderio di giustizia: fiuu, multa servita fumante!
Pagine: 12
Elena Brescacin
Sono vergognosi. Io sono una persona con disabilità (visiva, non motoria) e quando io e amici o familiari che siano andiamo in giro in macchina, pur essendoci il permesso di cui ho diritto, non ci mettiamo a parcheggiare sui posti riservati alle persone con disabilità a meno che non sia proprio necessario.
Io di camminare sono in grado, per cui salvo attraversamenti troppo complicati o cosa, cerco sempre di garantire il parcheggio libero a chi può avere più bisogno di me.
E’ questione di educazione.