Avevo da poco compiuto diciotto anni, forse da un paio di mesi. Non so perché quel giorno fossi l’unico in casa: forse i miei lavoravano, forse era uno di quei pomeriggi strani in cui ti ritrovi a dover gestire cose da adulto senza essere davvero pronto. Fatto sta che suona il citofono e mi dice che è il tecnico dell’acqua, mandato dal condominio per controllare i contatori al piano terra.
Scendo, mi faccio trovare davanti al cancelletto, gli apro, lui mi fa un cenno educato e si mette subito al lavoro, accovacciato davanti alla cassetta dei contatori. Io, per non sembrare disinteressato – e anche perché non sapevo se avesse bisogno di qualcosa – mi piazzo lì vicino, appoggiato al muro. Passano neanche due minuti e sento un altro portone aprirsi: è la signora del primo piano.
Lei, quella che se ti incrocia per le scale ti chiede se stai andando a scuola anche di domenica, e se non ti vede per due giorni chiede agli altri condomini se sei malato. Quella che mette le tende diverse ogni tre mesi, ma non ha mai tolto il cartello “ATTENTI AL GATTO” dal 2008, anche se il gatto è morto da dieci anni.
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