Scrivo perché mi è rimasto un nodo in gola che non si scioglie.
Nel mio palazzo c’era il signor Rinaldi. Silenzioso, burbero, mai un buongiorno. Sempre vestito scuro, mai un sorriso, sembrava che odiasse tutti. Nessuno lo sopportava davvero. Non veniva alle riunioni, non apriva la porta nemmeno ai bambini a Halloween, e se ti incontrava sulle scale ti scansava come se gli avessi fatto qualcosa.
Lo chiamavamo “l’uomo delle lamentele” perché ogni tanto arrivava un biglietto anonimo in bacheca sul rumore, le biciclette fuori posto, il bidone dell’umido sbagliato. Eravamo tutti convinti che fosse lui.
Poi è morto, all’improvviso.
E a quel punto, uno a uno, sono uscite cose che nessuno sapeva.
Era lui che pagava in silenzio il saldo della signora anziana del piano terra quando ritardava il riscaldamento.
Lui che sistemava le luci fulminate nel garage senza dire niente.
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