Ciao!
Vi leggo sempre e mi fa troppo ridere come a volte penso “vabbè, almeno qui è tutto tranquillo”… e poi succede qualcosa.
Nel mio condominio abbiamo una corte interna con un piccolo stagno.
Niente di romantico: uno di quegli esperimenti anni ’90 “per abbellire”, con le pietre finte e le ninfee finto-plasticose che galleggiano come fogli di acetato.
Lo stagno è condominiale.
Nel senso che è di tutti.
Ma in pratica non è di nessuno.
Per anni è rimasto lì: acqua verdastra, due pesci rossi eroici sopravvissuti a tutto, e qualche ranocchia occasionale in primavera.
Poi un giorno, in assemblea, la signora del primo piano propone il “ripristino bioestetico dello stagno”.
Dice che sarebbe bello “renderlo vivo, educativo, armonico”.
Insiste.
Porta pure delle slide.
La approvano.
Parte il progetto.
Comprare nuovi pesci, introdurre piante galleggianti “depurative”, una mini-pompa solare (mai funzionata).
Il signor Luigi si offre come “custode dell’ecosistema”.
Fin qui tutto regolare, se non fosse che Luigi prende il ruolo molto sul serio.
Nel giro di due mesi:
– appende un cartello con gli orari di osservazione (“non disturbare tra le 12 e le 15, le carpe riposano”),
– vieta di dare il pane ai pesci (“devono seguire la dieta naturale”),
– mette un retino di sorveglianza appoggiato su una sedia in cortile, “per eventuali emergenze”.
Un bambino del terzo piano una volta ha toccato l’acqua con un bastoncino e Luigi gli ha detto:
“Hai appena spezzato il ciclo del plancton.”
(Lo stagno ha 60 cm di profondità.)
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