Vivo in un complesso di villette a schiera, tutte uguali, tutte con gli stessi numeri scritti in piccolo, e tutte con i vialetti che si assomigliano. Il classico posto dove Amazon consegna al civico sbagliato almeno tre volte a settimana.
Una sera torno a casa distrutto, zero voglia di cucinare. Mi affido come sempre alla mia app preferita per ordinare una pizza — funghi e speck, la mia combo del cuore — e nell’attesa mi concedo una doccia veloce.
Esco dal bagno, capelli ancora gocciolanti, e proprio in quel momento mi arriva la notifica: “Il tuo ordine è stato consegnato.”
Controllo subito dalla finestra. Il vialetto è vuoto. Nessuna traccia di scatole di cartone, nessun profumo sospetto, solo buio e silenzio.
Scendo, esco, controllo pure sotto la cassetta della posta come se potesse mai starci una pizza lì dentro, niente. Mugugno, borbotto, inizio a sospettare che il rider abbia sbagliato casa. Apro l’app, clicco su “Problemi con l’ordine”, e dopo vari tap esasperati finisco a parlare con l’assistenza. L’operatore è gentile, ma io già sto pensando che toccherà cenare con due gallette e una sottiletta.
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